EDIFICIO
Il Castello di Melfi è un insieme di diversi corpi di fabbrica aggregati in un lungo arco temporale che dall'età normanna giunge al XX secolo. Inoltre l’edificio è stato ricostruito per molte parti in tempi recenti a causa dei numerosi eventi sismici che hanno interessato la zona del vulture melfese.
Il primo nucleo del castello, a pianta quadrata con torri angolari, è di origine normanna e fu edificato tra l’XI e il XII secolo. Consistenti opere di ristrutturazione e ampliamento furono intraprese da Federico II di Svevia con il potenziamento del sistema difensivo delle torri. Ad età angioina (XIII sec.) si data la costruzione dell’ala nord-est con la cinta muraria e i tre cortili. Tra il XVI e il XVIII secolo il castello venne trasformato da fortezza militare in residenza nobiliare dai Doria che ne detennero la proprietà fino al 1952 anno in cui fu donato allo Stato italiano. In seguito ai numerosi interventi costruttivi il castello ha assunto la forma di un poligono irregolare circondato da un fossato e munito di otto torri, tre a pianta pentagonale e cinque a pianta quadrangolare.
L’intero edificio, fondato direttamente sul banco roccioso ben visibile nel deposito del secondo piano interrato che ingloba una sporgenza di roccia, è caratterizzato da una struttura portante in pietre locali di dimensioni medie e grandi legate da malta cementizia. Sostanziali interventi di consolidamento condotti in anni recenti (anni 2000), seguiti ai danni causati dal terremoto del 1980, hanno comportato l’utilizzo di cemento nei piani interrati, a sostegno delle strutture sovrastanti.
Le pavimentazioni delle sale espositive sono tutte in cotto ad eccezione della Sala Doria e delle sale adiacenti in cui è presente un pavimento in graniglia di marmo. I soffitti sono cassettonati lignei, voltati o piani. La Sala Doria conserva una boiserie settecentesca con particolari dorati.
L’allestimento risale agli anni 2004 e 2006 realizzato con vetrine a tutto vetro di grandi dimensioni, ancora oggi in uso, illuminate internamente da luci LED. Una pannellistica bilingue (italiano e inglese) racconta e arricchisce l’esposizione.
L'edificio è di proprietà statale ed è in gestione alla Direzione Regionale Musei Basilicata. La manutenzione ordinaria e straordinaria è di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali e il Turismo.
STORIA
Le fonti scritte documentano un primo impianto fortificato (castrum) sulla collina tra la fine del secolo XI e il successivo, attribuito da alcuni studiosi al catapano bizantino Basilio Boiannes (1017-1027).
I dati archeologici e storici attestano la fondazione del castello ad età normanna e la presenza di un castello si evince da un documento del 1133.L’edificio normanno aveva pianta quadrata ed era munito di quattro torri negli angoli coincidente, per grandi linee, con l’edificio che oggi ospita il Museo Archeologico Nazionale.
Di queste quattro torri, tre sono ricomprese nelle murature attuali. La quarta, di cui rimane ben visibile un troncone sul muro N-E esterno fu abbattuta per far posto alla Torre di Marcangione, innalzata da Federico II.
Queste ipotesi interpretative si basano sulle osservazioni, basate sull'analisi autoptica delle murature e sui Registri della Cancelleria Angioina, dell'arch. Gaspare Lenzi, incaricato del restauro del castello negli anni '30 del 1900, in seguito al terremoto.
Con l’avvento della dinastia sveva ed in particolare con Federico II, tra il 1223 ed il 1225, il castello viene munito di una prima cinta muraria separata dal palazzo, che si chiudeva tra due torri esterne con funzione di carcere (Torre del Marcangione) e di maschio (dongione). Quest’ultima, denominata Torre dei Sette Venti si trova sul lato settentrionale e successivamente è stata collegata al corpo centrale da uno spalto che avrebbe ospitato gli appartamenti di re Carlo d’Angiò.
L'avvento degli Angioini comportò un ulteriore ampliamento del castello che, con il completamento della cinta esterna e del fossato, l’aggiunta di tre torri pentagonali, di altre tre rettangolari e il completamento della maestosa cisterna assunse l’attuale fisionomia, progettata dall'architetto militare Pierre d'Agincourt tra il 1277 e il 1280.
Successive modifiche furono apportate da Giovanni II Caracciolo (1456-1460) e dai Doria (1549-1590) che ricevuto il feudo nel 1531 da Carlo V lo hanno detenuto fino al 1952 quando fu ceduto allo Stato italiano.
Nel corso dei secoli il castello di Melfi è stato sede di importanti eventi e incontri politici e religiosi: tra il 1059 e il 1137 si tennero cinque concili ecumenici; nel 1059 Papa Niccolò II, durante il soggiorno nel castello, stipulò il Trattato di Melfi, celebrò il I Concilio di Melfi ed infine con il Concordato di Melfi riconobbe il diritto dei Normanni sui territori dell'Italia meridionale sottratti ai Bizantini. Nel 1089, nel corso del II Concilio di Melfi, papa Urbano II indisse la Prima crociata in Terra Santa.
Nel 1130 l'antipapa Anacleto II in un concilio da lui convocato istituì la corona del Regno di Sicilia di cui fu investito Ruggero II d'Altavilla.
Nel periodo svevo Federico II vi promulgò le famose Costituzioni di Melfi (Liber Augustalis, 1231), codice legislativo del Regno di Sicilia.
Con la caduta degli svevi e l'arrivo degli Angioini (battaglia di Benevento, 1266), il castello subì importanti ampliamenti e nel 1284 fu eletto da Carlo II d'Angiò residenza ufficiale di sua moglie Maria d'Ungheria.
Nel 1348 la regina Giovanna I d'Angiò concesse il titolo di Conte di Melfi, quale ricompensa, al mercante fiorentino Nicolò Acciaiuoli; nel 1418 la regina Giovanna II di Napoli lo concesse in feudo a Sergianni Caracciolo. Infine nel 1531 Carlo V d'Asburgo lo diede in feudo all'ammiraglio genovese Andrea Doria e rimase di proprietà della famiglia Doria fino al 1950 quando fu donato allo Stato italiano.
RESTAURI
Nel 1851 e nel 1930 il castello subì due violenti terremoti ma, a differenza di altri monumenti di Melfi che furono gravemente danneggiati, ne uscì quasi indenne.
In seguito al violento terremoto del 1930 il castello fu oggetto di imponenti lavori di recupero e dopo circa 50 anni, ancora a seguito di un terremoto, quello del 1980, furono promossi nuovi lavori di consolidamento. Ancora oggi la struttura vive la lunga fase di cantierizzazione volta al consolidamento e alla valorizzazione del monumento.
Attualmente ospita il Museo Archeologico Nazionale, inaugurato nel 1976.
IL PARCO DEL VULTURE MELFESE
Il Parco del Vulture è un'area naturale protetta della Basilicata che si estende alle pendici del Monte Vulture, antico vulcano ormai spento, per 57.496 ettari e che comprende i comuni di Atella, Barile, Ginestra, Melfi, Rapolla, Rionero in Vulture, Ripacandida, Ruvo del Monte e San Fele, tutti appartenenti alla Provincia di Potenza. A rendere unica quest'area è la sua ricchissima biodiversità, dovuta alla varietà dell'ecosistema e ai differenti climi delle quote altimetriche, concentrata in un territorio ristretto. Da qui deriva la sorprendente diversificazione del paesaggio, caratterizzato da un'alternanza di montagne e colline, prati in fiore e fiumi, laghi e fitti boschi.
ITINERARI
1) Melfi: Cattedrale, Museo Diocesano, Cripta Santa Margherita, Cripta Santa Lucia, Madonna delle Spinelle, Convento dei Cappuccini;
2) Monticchio: Sant’Ippolito, Abbazia San Michele, Museo di storia naturale del Vulture;
3) Venosa: Museo e castello di Venosa, parco archeologico
4) Filiano: Castello di Lagopesole, Riparo Ranaldi
5) Ripacandida: Chiesa di San Donato